sabato 21 febbraio 2009

I Nostri Involtini Mignon


Fra tutte le nostre preparazioni giornaliere di sicuro gli involtini (a parimerito con le polpette) occupano un ruolo di primo piano.


Basti pensare a come sono radicati nella cultura gastronomica in ogni parte d'Italia (mi vengono in mente gli involtini alla siciliana, o i classici romani con carota e sedano all'interno). Noi abitualmente ne prepariamo solo due tipi: di manzo e di tacchino entrambi con un ripieno di carne macinata condita.


Quelli nella foto invece sono involtini "speciali" che vengono fatti solamente su ordinazione. Speciali per le dimensioni (anche se magari dalle foto non si capisce molto) ma sono molto piccoli, diciamo a dimensione di "finger food" ed è per questo che sono molto richiesti soprattutto per le cene, in particolare quelle si svolgono in piedi, o in genere per quando si vuole preparare qualcosa di sfizioso ma poco impegnativo e comodo da servire.


Ma passiamo alla loro composizione. Prima di tutto è necessario prendere delle fettine sottili magre e compatte di vitello (controgirello, noce, o girello vanno bene) una volta stese le fettine si riempiono con prosciutto cotto ed emmental che danno gusto senza appesantire troppo, ma su richiesta si posso preparare anche con funghi, castagne, carciofi, oppure carne macinata condita.


Completata l'operazione di arrotolamento e fissaggio con apposito stuzzicadente, si possono cuocere rapidamente in padella (in 15-20 minuti) rigorosamente in bianco (e magari passandoli prima nella farina) e poi con il solito procedimento olio, e vino bianco (o brodo) con l'aggiunta nel sughetto di qualche foglia di salvia.





Nelle foto sopra le fasi della preparazione e un vassoio completo.

8 commenti:

Daniela @Senza_Panna ha detto...

Belli e sfiziosi immagino, le foto rendono davvero bene.

Anonimo ha detto...

Finalmente il blog che cercavo, da adoratori della carne, è come essere in paradiso. Già pregusto i mille abbinamenti con i nostri vini del Val Tidone e del piacentino. VI leggeremo con attenzione

saluti

Anonimo ha detto...

Buona la riceta e buono il blog.
15-20 minuti in padella??
Grazie.

Anonimo ha detto...

Ho scoperto questo blog e mi piace assai.Mi interessano questi involtini ma non ho capito bene una cosa.Cosa vuol dire"cuocere in bianco" ossia mettere gli involtini infarinati nel tegame senza alcun condimentio? E lasciati per 20 minuti non bruciano? Grazie

Trimenaios ha detto...

Ciao Stefano, ho da poco scoperto il tuo blog e subito mi viene una domanda: mi riusciresti ad individuare un taglio di carne che si usa da noi a Palermo e che non so come viene chiamato nel resto d'Italia? E' la cosiddetta "pampinedda" (letteralmente "fogliolina"), che individua una carne molto tenera adatta per fare gli involtini appunto (e in particolare quelli alla palermitana, li conosci?).
Questo è quello che ho trovato su Google:
"Spitineddi Arrustuti ‘nta braci!
prima si va dal macellaio di fiducia, ad acquistare gli ingredienti necessari e poi si va in campagna.
Ovviamente è mio padre che sovrintende all’acquisto della carne “a voli tennera, chi ssi ci avi a squagghairi ‘nvucca”. Appena arrivati, guarda negli occhi il macellaio e quasi come se fosse un segreto gli sussurra: - me ddari anticchia i carni pi fari du spitini! Il macellaio gli fa notare che quelli esposti nel suo banco, sono molto freschi. La risposta di mio padre è perentoria:
- Chiddi ti manci tu! Io vogghiu a parti da pampinedda. (la “pampinedda” è un piccolo tocco di carne che si trova nella spalla dell’animale) e poi mi l’è cunzari o miu piaciri!
Armato di santa pacenzia, il macellaio prende il tocco di carne richiesta, non arriva neanche a sfiorare la carne con il coltello che si sente intimare: Ti pari a tia ma tagghi di traversu!
Picciotto pacinsiusu è il macellaio, si fa na risatedda e continua o so travagghiu!
Raggiunto l’obiettivo primario, si procede al reperimento degli ingredienti secondari e si va in campagna, luogo dove ci si spoglia dagli abiti abituali, ci si infila in comode tute, si calzano scarpe adatte a calcare la zolla e prima di iniziare a preparare la nostra delizia, ci si sparpaglia: chi va a raccogliere verdure spontanee, chi raccoglie sciuri di Sanciuseppe, chi si dedica ai gatti e chi come mio padre, s’assetta fora a fare parole crociate, si mette o latu una cannuzza pi fari scantari i atti e un falli trasiri dintra!
Recuperato il rapporto con la natura, si prepara la brace, che sarebbe cosa di masculi ma io e mia sorella, non troviamo nessuna difficoltà a preparare u focu: ci serviamo di una vecchia carriola nella quale impostiamo i zucca d’alivi, cocchi cannuzza bella asciutta e anticchia di carta. Sutta si mettono i ligna chiù grossi e ncapu chiddi chiù sicchi avendo cura di lasciare degli interstizi che permettono il passaggio dell’aria, altrimenti u focu s’accupa e addiu ti dissi.
Intanto che mia sorella con amore e dovizia di particolari inizia l’operazione, mio padre osserva con disgusto, disapprovando ogni minimo dettaglio, picchì iddu u sapi fari megghiu! E siccome non ha più le forze, scoraggiato gira le spalle, alza le braccia al cielo, rotea le mani e si allontana dicendo qualcosa del tipo: è megghiu ca un taliu, picchì a vidiri i cosi fatti a malu versu mi fannu annirbari”!
Adesso prepariamo i nostri spiedini.
Ingredienti per 4 stecche di spiedini
il ripieno:
200 gr circa di pangrattato piuttosto umido
4 cucchiai di cacio cavallo grattugiato
100 gr circa di caciocavallo tenero
100 gr di pancetta
una manciata di uva passa e pinoli
un mazzetto di prezzemolo
olio a piacere
inoltre
16 piccole fette di carne tagliate finemente
una cipolla bella grossa
foglie di alloro q.b.
olio
pangrattato per impanare q.b.

Mettere in una ciotola il pangrattato umido, il caciocavallo grattugiato, l’uva passa e i pinoli precedentemente ammollati in acqua tiepida, i restanti ingredienti tagliati in piccolissimi pezzi e amalgamare il tutto aggiungendo l’olio di oliva.
Disporre le fettine di carne su di un piano di lavoro, mettere per ognuna un po’ di ripieno, avvolgere la carne in bocconcini, infilzarla nelle apposite stecche di legno alternando una foglia di alloro, uno spicchietto di cipolla, un bocconcino e così via.
Passare la stecca in olio abbondante, poi nel pangrattato, mettere sulla brace e lasciare cuocere lentamente avendo cura di girare spesso la carne."

Trimenaios ha detto...

Dimenticavo di dirti che io vivo da anni a Roma...

Daniela @Senza_Panna ha detto...

Bello questo racconto, da dove è tratto?
Sembra quasi Montalbano.

:-)

Daniela @Senza_Panna ha detto...

Emanuele, bel racconto, ho fatto anche io la ricerca su Google e ho visto che il 13 marzo l'avevi messo anche sul tuo blog!!

Complimenti!! e grazie per avercelo messo qui risparmiandoci la fatica.


:-)))))))))))))))